Sei più intelligente di così!

Ma se funziona, se fa star meglio qualcuno, perché tutti si oppongono?

È quello che viene da pensare guardando l’ultimo servizio de Le Iene sul caso stamina. Come non essere d’accordo? Se funziona…

Se.

Giulio Golia, giornalita di Le Iene e autore dei numerosi servizi su Stamina Foundation trasmessi da questo programma. L’impianto mediatico di Stamina è abbastanza elementare, ed è fondato sulla diffusione di un concetto chiave: il metodo stamina funziona, Vannoni e la sua equipe sono dei geni detentori unici della Verità, di conseguenza, ad essere stupidi, incompetenti o meschini e corrotti sono… il mondo intero! Se Stamina proponesse questa tesi in modo esplicito, come minimo gli rideremmo in faccia. Così. da professionisti della (dis)informazione quali sono, inseriscono questa tesi insostenibile all’interno dei servizi come quelli de Le Iene, sottoforma di “chiave interpretativa” dei “fatti”, rigorosamente ritagliati e cuciti ad arte. Una tecnica di persuasione ben nota, e molto potente. Così un po’ per volta, piano piano, finisce che quasi ci convinciamo dell’assurdo…

Ciò che dimentichiamo troppo spesso è che ogni santone, fin dalla notte dei tempi, ha sempre vantato qualche miracolato, a dimostrazione della bontà della sua personale versione dell’olio di serpente. Per questa ragione, da più di un secolo le istituzioni, in stretta collaborazione con coloro che nel mondo hanno dedicano la vita allo studio e alla pratica della Medicina, e delle scienze ad essa collegate (quasi tutte a essere sincero), hanno messo a punto una serie di regole per metterci tutti quanti il più possibile al riparo dagli inganni, e dagli auto-inganni, degli stregoni di turno.

Tutto è cominciato quasi un secolo fa, quando un medico di Pittsburgh, il Dott. William Bailey, se ne uscì con l’idea che il Radio fosse in grado di curare una lunga serie di malattie. A farne le spese, tra molti altri, fu un magnate dell’acciaio, tale Eben Byers. Ben lungi dal guarire dalla sua frattura, morì dopo una lenta agonia, probabilmente devastato da tumori ossei. Non prima però di portare la sua testimonianza alla commissione d’inchiesta che indagava sul caso.

Sarà questo scandalo a dare il via alla messa a punto di regole e leggi severe riguardanti l’approvazione di qualunque pratica medica.

Potete leggere i dettagli di questa storia, raccontati magistralmente da Marco Cattaneo, sul blog di Le Scienze.

A noi la sola idea di bere volontariamente qualcosa che contiene ben più di qualche traccia di un elemento radioattivo appare sconvolgente. Eppure, in soli cinque anni, Bailey riuscì a vendere qualcosa come 400,000 dosi della sua “pozione miracolosa”, assieme a tanti altri rimedi di dubbia efficacia.

Com’è potuto accadere? Ebbene, dovete sapere che, come riferito in un articolo dell’epoca, prima di ammalarsi di tumore, e morirne, lo stesso Eben Byers fu testimonial dei grandi benefici ricevuti, sia personalmente, sia da amici e familiari (e dal suo cavallo… ).

Dunque la domanda è: come hanno potuto Byers, e qualche altro centinaio di persone, sbagliarsi così clamorosamente?

Per capirlo, dobbiamo fare un passo in dietro e metterci nei panni di un nostro remoto progenitore, che viveva in tempi in cui il non essere abbastanza svelti a capire “come va il mondo” poteva costare caro.

Supponiamo che il buon vecchio Krug (il nome è di fantasia) un giorno scopra un nuovo albero di noci in mezzo al bosco, in un posto poco frequentato. Decide di passarci il pomeriggio, raccogliendo i frutti e rompendoli con una pietra per mangiarli: un’attività che fa un bel po’ di rumore. Sazio, rientra al villaggio.

Quella sera una tigre dai denti a sciabola attacca la sua tribù.

Potrebbe darsi che il rumore fatto da Krug l’abbia attirata nelle vicinanze, oppure ha seguito le tracce odorose dell’uomo. O forse è solo un giovane maschio ramingo che è passato di lì per caso, in cerca di un territorio di caccia tutto per sé.

Dal punto di vista di Krug la questione ha poca importanza. La cosa migliore da fare è lasciar perdere quell’albero di noci, e quella zona della foresta. Per il nostro progenitore vale il ragionamento «ho raccolto le noci, poi è arrivata la tigre: quindi raccogliere le noci, fa arrivare le tigri». Molto più sicuro rinunciare alle noci che giocare al giovane etologo con un felino di tre quintali. È così che si è formata la nostra mente, il nostro modo di ragionare. Molto più sicuro convincersi di una relazione che non c’è, piuttosto che tergiversare e finire tra le zanne di una tigre. In fondo, ci rimettiamo solo qualche noce.

Il nostro non è l’unico cervello programmato per sbagliare. Nel 1947, il Professor Frederic Skinner, con un celebre esperimento, dimostrò che anche i piccioni sono propensi a convincersi di cose non dimostrate. L’esperimento consisteva, molto semplicemente, nel dar da mangiare ai piccioni ad orari fissi. Ebbene, questi volatili non accettarono l’idea che il cibo si limitasse ad arrivare, e si inventarono ogni sorta di “riti propiziatori”. Delle vere e proprie superstizioni. Questo esperimento suggerisce che i piccioni siano in qualche modo “infastiditi” dal non poter controllare l’arrivo del cibo. Una vera e propria ansia da mancanza di controllo, documentatissima nell’uomo. Il repertorio dei “balletti” inventati dai piccioni per “far arrivare il cibo” sarebbe quasi esilarante, se non ci apparisse sinistramente familiare. Come il nostro Krug, che preferisce credere di poter controllare l’arrivo della tigre facendo o non facendo qualcosa – anziché accettare la casualità e l’incontrollabilità di molti aspetti della sua vita – così anche i piccioni preferiscono inventarsi qualcosa, anziché accettare l’esistenza dell’incontrollabile. Un comportamento molto umano, ormai documentatissimo nella nostra specie, che forse è alla base anche della nascita di animismo e religioni.

L’esperimento di Skinner è solo la punta dell’iceberg. Gli studi sui molti meccanismi che ci rendono bravissimi nel prenderci in giro da soli, sono tanti. Volendo individuare un culmine (ma sicuramente non la fine) di questo filone di ricerca, possiamo riferirci a un altro lavoro di rilevanza storica: una serie di esperimenti portati avanti, negli anni ’60 e ’70, da Robert Rosenthal e Donald Rubin. Nella loro famosa pubblicazione datata 1978 i due scienziati hanno mostrato al mondo molti dei modi in cui le nostre stesse aspettative ci portano a vedere cose che non ci sono, e a convincerci di “realtà” che non esistono.

Dunque, non possiamo più fidarci neppure dei nostri sensi? In realtà, noi siamo più intelligenti dei piccioni di Skinner, e possiamo inventare dei modi per neutralizzare i “difetti” e i limiti intrinseci del nostro cervello. La situazione non è sicuramente tragica, ma il lavoro di Rosenthal e Rubin fu abbastanza convincente da far sorgere dubbi sulla reale efficacia di molte pratiche mediche. Nacque quindi, da una parte, l’esigenza di rendere più affidabili le ricerche scientifiche, svincolandole il più possibile dalla soggettività delle persone coinvolte, siano essi sperimentatori o sperimentanti (ad esempio con il metodo che oggi chiamiamo del doppio cieco randomizzato). Dall’altra, c’era bisogno di verificare quanto ci fosse di inutile nelle pratiche mediche già in uso, farmaci compresi. Un lavoro ciclopico, tuttora in corso. Era nata quella che oggi chiamiamo Evidence-based Medicine: la Medicina basata sull’Evidenza.

Con l’affinarsi della nostra conoscenza sulle mille sottigliezze con cui amiamo prenderci per i fondelli da soli, si sono via via affinate anche le regole con cui gli scienziati conducono i loro esperimenti, comunicano tra loro, e, in generale, “fanno scienza”. Soprattutto si sono evolute anche le disposizioni legislative per tutto ciò che riguarda la Medicina. Le fantomatiche “arcigne regole della scienza” non sono quindi un capriccio, sono una necessità.

Come ha insegnato la triste esperienza di Eben Byers, lasciare le persone in balia di sedicenti guaritori, senza pretendere da loro prove convincenti prima che mettano le mani sui malati, può avere conseguenze tragiche.

Purtroppo, nonostante tutto ciò che sappiamo; nonostante i continui sforzi di coloro che dedicano la vita alla Medicina (e a tutto il resto); nonostante le bruttissime esperienze del passato; nonostante tutto ciò, i venditori di olio di serpente – o acqua radioattiva, per la poca differenza che può fare – non sono scomparsi, anzi. Il mondo è pieno di persone che pretendono di venderci, o imporci, le idee più strampalate, all’insegna del «ho visto, quindi è vero!».

Ricordate Krug? «Ho raccolto le noci, poi è arrivata la tigre. Quindi raccogliere le noci fa venire le tigri.» A prima vista magari può sembrare logico. Siamo “programmati” per pensare che sia logico, non ci possiamo fare niente! Però non siamo i piccioni di Skinner, noi sappiamo che questo è un ragionamento sbagliato, è superstizione, è cialtroneria.

«Ho fatto un’iniezione, poi la bambina è stata meglio. Quindi l’iniezione fa star meglio i bambini». No. Mi dispiace, no. Non è in questo modo che funziona. Sembra logico, ma non lo è. Anche quando desideriamo con tutte le forze che possa essere vero, non è così che funziona. Ci vuole di più, molto di più.

Lo so, a volte è difficile. Quando siamo coinvolti in prima persona, tutto è più difficile. Eppure, abbiamo il dovere, per il bene di chi ci è caro, di non dimenticare mai che noi umani sappiamo essere più intelligenti di così.

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La lezione di Stamina e quel che abbiamo imparato davvero
Dal tentativo di aggirare le norme a tutela dei malati al rischio di diventare un paese lassista per decreto legge. Dal ripudio del metodo scientifico all’uso promozionale della sofferenza. Le tante inquietanti letture del caso Stamina.
Stamina e guarigioni: la salute ai tempi della pubblicità.
Anni di trattamenti, centinaia di “pazienti curati”, cartelle, documenti, ospedali…e tutto quello che abbiamo sono due lettere di dimissione con dati discordanti e che non dimostrano nulla? Abbiamo perso tutto questo tempo e speso tutte queste parole (e rischiavamo di spendere 3 milioni di euro) per tutto questo? Ma Le Iene hanno preso in giro un’intera nazione?
Stamina, cosa non quadra nel servizio delle Iene
Sembra che esistano altri bambini (come sostengono alcune famiglie dell’ Associazione famiglie Sma) che riprendono a gorgheggiare, a fare il bagnetto al mare o ad andare all’asilo anche se colpiti da malattie neurodegenerative come quelle di Celeste Carrer o della piccola Sofia.

9 commenti

  1. Correggi “limitasse ad arrivasse” altrimenti oltre che i complottardi ti si attaccano anche i grammar nazi.
    Dimenticavo: complimenti per l’articolo!

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  2. Qua il problema non è stamina o no. È che ci ostiniamo a prolungare la sofferenza di persone che avrebbero tutto il diritto di diventare angeli. Poi non posso commentare perché io non sono in quella situazione, ma a me queste cose fanno male.

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  3. L’esperimento sui piccioni mi ricorda qualcosa di analogo sugli umani. Voglio citare il “culto del cargo”. Durante la seconda guerra mondiale, gli indigeni delle isole del pacifico ricevevano viveri per via aerea dagli americani che avevano installato delle basi su quelle isole. Finita la guerra, cessarono questi aiuti. Allora gli indigeni costruirono con i mezzi a loro disposizione delle piste, aerei, torri di controllo e presero a mimare la gestualità in uso in quelle basi. Naturalmente i viveri NON tornarono.

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